di Dario Leone*
Ci sono due chiavi di lettura per interpretare il fenomeno che ha invischiato in maniera pressoché totale la nostra quotidianità.
La prima è che il virus sia frutto di un evento casuale e il secondo è che sia di natura causale. Sulla prima questione c’è poco da dire. Per quel che riguarda la seconda, senza scendere in scenari complottisti, potremmo dividerla in due sotto categorie: l’intenzionalità del danno e la non intenzionalità. Su quest’ultima val la pena parafrasare il concetto di Gallino, secondo il quale il Finanzcapitalismo ha prodotto strutture e fenomeni che ormai non sono più controllabili da coloro che li hanno creati.
L’intenzionalità (presunta), stando a ciò che viviamo, introduce empiricamente dei semi di dittatura che vanno verso l’ampliamento delle condizioni psico – sociali già abbondantemente sviluppate dalla globalizzazione: individualismo, controllo pubblico, diffidenza verso il prossimo, assenza totale di dimensione collettiva e dunque, perdita della funzione risolutrice delle istituzioni politiche che, in questo caso, hanno delegato all’impresa privata sacche enormi del proprio welfare e in primis la Sanità con quel che ne consegue. Pertanto, quale che sia la chiave di lettura, bisogna sempre tenere a mente che è il sistema economico che determina quello politico fin dalle origini dei sistemi sociali. Con un virus di questa portata non si possono non rispettare le norme restrittive ma non si può nemmeno non ipotizzare che siano il banco di prova per un “nuovo corso” del sistema capitalista che, perdendo di credibilità e di consenso, non ha altri strumenti di sopravvivenza se non quelli della repressione che non si avvale delle pistole, ma della paura che dallo stato di vaga “liquidità” baumaniana, si solidifica repentinamente nella sua forma più spaventosa, il virus appunto.
Il costituzionalista Carlo Alberto Ciaralli, scriveva pochi giorni fa: “Sarebbe interessante capire sulla base di quale disciplina normativa, consuetudinaria o pattizia i gestori telefonici stanno fornendo, seppur anonimizzati, i dati relativi agli spostamenti dei cittadini mediante mappatura delle celle telefoniche. In questa fase drammatica, senza colpo ferire, si stanno demolendo svariati principi costituzionali. Come sempre nella storia, il processo di affidamento al “potere”, in tempi di gravi crisi, di potestà pressoché illimitate, laddove non adeguatamente governato e controllato, costituisce un punto di rottura anche per il futuro”. La questione posta dal costituzionalista è profondamente socio-politica e apre a scenari inediti che trovano nel monadismo la loro ragion d’essere favorendo un salto repentino verso un nuovo tipo di paura: l’altro.
Non il migrante, l’istrionico, l’egocentrico, il malato ma l’altro, sia esso il mio vicino di casa o un mio familiare. L’attività di divisione che sta maturando è ulteriormente alimentata dalle contraddizioni di un sistema che nel III Millennio non riesce a contenere un virus, moltiplicando il tempo necessario per debellarlo promuovendo un radicamento ancor più efficace della paura dell’altro e del monadismo. Queste contraddizioni non sono figlie del fato, ma di un preciso sistema socio- economico, il Capitalismo che svende la sanità pubblica al miglior offerente, limita con il numero chiuso l’accesso ai corsi universitari di medicina e depotenzia complessivamente il welfare. Infatti ad essere colpita non è solo la Sanità, ma anche i lavoratori nei loro più elementari diritti. Da svariati giorni quaranta Sindaci della Val di Sangro in Abruzzo chiedono a gran voce che si fermino le fabbriche. La Sevel (FCA) ha capannoni che ospitano sei mila operai. Ma la produzione prosegue. Si puniscono i lavoratori in lotta per la propria sicurezza ma si consente agli stessi di lavorare ammassati dentro ambienti chiusi dietro la promessa di un’indennità di rischio di € 100. Al di là della contingenza e dei drammi che il virus sta creando, dobbiamo chiederci, quando ne usciremo, che tipo di mondo sarà partorito da questa nuova “globalizzazione della malattia e della morte”.
* Dario Leone, sociologo specializzato in ricerca sociale, politiche della sicurezza e criminalità, si occupa dei cambiamenti politico-culturali e dei mutamenti nei sistemi socio-relazionali. Ha pubblicato Le gabbie sociali della Globalizzazione (Susil, 2014), L’amore ai tempi della Globalizzazione (Aracne, 2017) e collabora con vari periodici.
Per Nulla die ha pubblicato
Identità liquida, disagio solido
Con la prefazione è di Massimo Zamboni, compositore e chitarrista di CCCP-Fedeli alla linea, CSI-Consorzio suonatori indipendenti e scrittore.