La scuola, gli scrittori e il coronavirus
Molti insegnanti sono pure scrittori. O, se si vuole, molti scrittori sono pure insegnanti. E saggisti. E poeti. O più di una di queste cose insieme.
Che cosa ne pensano gli insegnanti-scrittori (o anche saggisti e poeti) di quello che sta accadendo di fronte alla improvvisa privazione della scuola e del tentativo di sopperire in un qualche modo alla impossibilità di tenere lezione alle classi? Vale a dire di tenere lezione all’interno delle aule?
Riuscirà mai la cosiddetta didattica a distanza a sopperire a tale mancanza?
Numerosi autori della Nulla die appartengono al mondo della scuola e delle università: vi sono maestre/i, insegnanti, pedagogisti, psicologi, sociologi, professori di diverso orientamento e che insegnano varie discipline.
Oggi a raccogliere l’invito a esprimersi sull’argomento è Salvatore Giordano (in fondo al post una sua breve presentazione).
“Un casino, prof.” Così uno studente riassume quello che sta accadendo nell’interazione fra lui, i suoi insegnanti e i propri compagni. “Ma davvero i proff pensano che assegnando qualche compitino – ‘un test!’ – si possa fare scuola?” m’incalza accompagnando il messaggio con una faccina gialla disorientata.
E come dargli torto?
Sicuramente no: non si può fare scuola così.
Magari, se fosse in un’aula, i suoi docenti gli farebbero notare che “casino” si può esprimere in qualche altro modo: e gliene enumererebbero alcuni. Se fosse in classe: perché così non è a scuola e non gli stanno facendo scuola. Al più possono impartirgli qualche istruzione, dargli qualche suggerimento (in merito a questo o a quello), magari un’utile imbeccata, ma non certo lezioni. L’interazione face to face con il contatto visivo e uditivo a scuola sono indispensabili, ineludibili, necessari, imperdibili. Sono come l’acqua per la sete. La puoi sostituire con una bevanda di qualunque genere, anche zuccherata o alcolica, a condizione che questa contenga per lo più acqua.
Insomma “fare scuola” ha poco a che vedere con l’accendere monitor, richiedere autorizzazioni al trattamento dei dati, inviare e ricevere file. E nemmeno con l’assegnare compiti. Sono cose utili, per carità, ma la scuola è condivisione.
Condivisione di aliti e di un particolare tipo di contatto fisico e chimico.
Sul piano fisico si pensi al contatto, quasi un legame, visivo e uditivo. Ma anche alle pacche sulle spalle, alla contiguità gomito a gomito e pure agli abbracci dopo che non ci si vede da un po’.
E dal punto di vista “chimico”, pensate al “senso chimico” per eccellenza, l’olfatto: chiunque frequenti una scuola conosce quella necessità di “cambiare aria” e di aprire le finestre (anche quando fa freddo) almeno a ogni cambio d’ora e ogni volta che si entra in una qualunque aula.
E allora? Ben vengano ora contatti informali fra docenti e studenti, e si approfitti di questi per approfondire e quello che si è studiato insieme e quello che i giovani magari stanno esplorando motu proprio.
E non per rimanere dentro il tema che quasi ogni cosa oggi proviene dalla Cina, concludo con un’antica massima cinese attribuita al filosofo Lao Tzu, vissuto, ammesso che la sua esistenza sia reale, nel VI secolo (c’è chi lo scrive Lao Tse, ma vogliamo metterci a discutere sulla grafia? non siamo mica a scuola…):
“Non fare nulla è meglio che essere occupati a fare nulla”.
Salvatore Giordano, editor e sociologo, insegna le scienze sociali. È autore di molte Opere e curatore di tante altre. Come docente firma la consulenza didattica per il manuale di Scienze Umane appeno uscito per Giunti – Treccani.
Con Nulla die ha pubblicato:
Il pesce subaereo libro per l’infanzia
Ustica romanzo corale che ha dedicato alla memoria dei caduti nei cieli di Ustica e a chi ne mantiene in vita la memoria
Lasciare libero lo scarrozzo, ebook
A Dio Piacendo, saggio psico-sociologico sulle contraddizioni della modernità
Piazza No MUOS e Muos. Ultimo atto (con Antonella Santarelli)
Guazzabuglio di stati selvaggi.
La sua pagina fb è Salvatore Giordano autore ed editor.