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Alessio Martini – L’aggredito e l’aggressore, forse

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ISBN: 9788869156205

9,00 15,00 

Romanzi Nulla Die, 124 pagine.

Categoria:

Descrizione

Un romanzo in cui i dialoghi sono un’invenzione letteraria, ma sono basati su fatti storici.

Il lettore incontra gli ammiragli Rožestvenskij e Nebogatov, prigionieri dei giapponesi dopo la battaglia di Tsushima: il primo si è battuto con eroismo e il secondo ha scelto invece di arrendersi senza combattere. Nel capitolo successivo Clara Immerwahr – moglie di Fritz Haber, lo scienziato ideatore dei gas tossici – preferisce il suicidio piuttosto che vivere con un criminale di guerra. Nell’ultimo capitolo i dubbi di Oppenheimer, che dopo Hiroshima si sente le mani sporche di sangue, si scontrano con le certezze granitiche di Teller, convinto della necessità di annientare il pericolo sovietico.

I discorsi dei protagonisti, anche se inquadrati in eventi del passato, appaiono come un continuo presente in cui emergono le parole d’ordine di oggi, evocate già nel titolo: ma di fronte alla storia appaiono come narrazioni autoassolutorie e ipocrite.

Alessio Martini è il nom de plume di uno scrittore genovese. Con Nulla die ha già pubblicato i romanzi Salvare i naufraghi e La memoria e l’oblio.

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1 recensione per Alessio Martini – L’aggredito e l’aggressore, forse

  1. Caterina

    Dopo aver letto i primi due romanzi di Alessio Martini, ho letto anche il terzo, non appena è stato pubblicato.
    Lo scrittore ritorna a un romanzo storico e militare, sulla scia di Salvare i naufraghi, ma questa volta la presa di posizione politica è chiaramente riferita alle guerre dei nostri giorni ed è un’accusa contro le attuali classi dirigenti.
    La cornice storica è rappresentata da tre guerre che segnarono il XX secolo e i protagonisti sono personaggi realmente esistiti, poco conosciuti oppure celeberrimi.
    Ma il momento storico non è così importante: i discorsi dei protagonisti, anche se sono ambientati nel passato, si presentano al lettore come un continuo presente. Gli argomenti sono quelli che anche oggi leggiamo sui giornali o ascoltiamo nei dibattiti televisivi e diventano un refrain ossessivo: l’aggredito e l’aggressore, la guerra di difesa che è sempre giusta, le armi sempre più micidiali e distruttive che servono alla pace, il rifiuto di qualunque trattativa diplomatica, la presunta superiorità morale di una parte rispetto all’altra.
    Nel romanzo le odierne narrazioni, messe a confronto con la storia, appaiono come una propaganda menzognera e ipocrita, che cerca di nascondere una realtà inconfessabile eppure ovvia: le guerre sono sempre apportatrici di stragi e distruzioni, nascono da ambizioni imperialiste, trascendono in una sequenza di reciproci crimini di guerra. Anche la difesa si può tramutare in una vendetta senza limiti – come a Dresda e Hiroshima – e il rifiuto della diplomazia conduce soltanto a uno sterminio all’ultimo sangue.
    Chiudo con una nota letteraria. Il capitolo centrale, dedicato a Clara Immerwahr è sconvolgente. La scena è un inferno di famiglia alto-borghese, degno di Strindberg; il suicidio – tema ricorrente in tutti i romanzi dell’autore – è l’unico esito possibile.
    Caterina

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