Descrizione
Carotaggi è un’indagine poetica che affonda nella parola come strumento di scavo. Partendo dalla disarticolazione del linguaggio come critica al reale, l’autore esplora oggi un movimento inverso: non più solo decostruire, ma penetrare in profondità, dalla superficie fino al cuore dell’umanità. La raccolta si articola in tre sezioni, ognuna corrispondente a una fase di questa esplorazione: Composizioni fossili (nel regno del buio) segna l’inizio dello scavo; Iòsono (al di là dello specchio) affronta il momento in cui le profondità sfidano l’Io stesso; Stati profondi (dietro l’orizzonte) è il punto estremo della ricerca, tra contraddizioni, possibilità e limiti invalicabili.
Domenico D’Addabbo (1° settembre 1974, Turi – BA) nel 2003 si laurea in Etnologia a “La Sapienza” di Roma. Scrive poesie fin da giovane. Nel 2013 vince il Premio Letteratura Italiana di Laura Capone Editore, poesie pubblicate ne: Il volo del poetare.
A novembre 2024 è primo classificato al Premio Letterario Internazionale “Gaetano Cingari” con la raccolta inedita Geometrie asincrone. A gennaio 2025 la rivista «L’Altrove» pubblica online tre sue poesie. Oggi vive, lavora, scrive e fa teatro a Roma.
Salvatore Giordano Admin –
Recensione di Carotaggi – Domenico D’Addabbo
Nulla die Edizioni, Collana “iCanti” per la poesia contemporanea
Una discesa poetica negli strati profondi del tempo e dell’essere
Carotaggi non è solo una raccolta di poesie: è un viaggio geologico nell’anima e nella storia, una perforazione lirica che risale i sedimenti della memoria collettiva e personale. Domenico D’Addabbo, con una voce poetica potente e visionaria, costruisce un mondo dove la parola è scheggia, eco, detonazione, e la poesia è atto di resistenza alla dimenticanza.
Divisa in tre sezioni – Composizioni fossili, Iòsono, Stati profondi – la silloge si muove tra paesaggi interiori e visioni urbane, tra mitologie contemporanee e riflessioni radicali sul potere, l’identità e l’ombra. Al centro, l’enigmatica figura di Iòsono, demiurgo e dittatore dell’io, maschera tragica di un mondo che ha smarrito la propria ombra.
Il linguaggio è denso, stratificato, ricco di immagini sorprendenti e musicalità viscerale. I versi di D’Addabbo colpiscono e persistono: “Ho occhi amaranto / per sapere dei chicchi appena fioriti”, scrive, e basta una strofa per entrare in una dimensione altra, dove i confini tra reale e simbolico si dissolvono.
Questa è poesia che si sporca le mani, che entra nei nervi del presente e li scuote, senza mai cedere alla retorica o alla rassegnazione. Un libro che chiede al lettore di fermarsi, ascoltare, scavare. E di farlo con tutta la carne e il pensiero.
Consigliato a chi ama la poesia che non ha paura del buio, a chi cerca voci autentiche nel panorama contemporaneo, a chi crede ancora che la parola possa, se non salvare, almeno resistere.